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Arafat: Il leone della Palestina

Pubblicato da: UVNS 0 Commenti

Ormai 14 anni fa moriva Yāsser Arafāt. L’uomo che per oltre 35 anni fu il leader politico della nazione palestinese. Divenne infatti nel 1969 presidente dell’OLP, Organizzazione per la Liberazione della Palestina. Successivamente, nel 1994, divenne presidente e Ministro dell’Interno dell’Autorità nazionale palestinese, nata dagli accordi di Oslo. In realtà, l’impegno politico di Arafāt ha radici più antiche che risalgono a quando, spostatosi in Kuwait per lavorare come ingegnere, collaborò alla fondazione nel 1957 di al-Fataḥ, organizzazione che ebbe sempre come obiettivo la creazione di uno Stato palestinese indipendente. Ricoprì la carica di suo leader sino al novembre del 2004, che fu appunto la data della sua morte. Una figura che chiunque visse quegli anni conosce perfettamente e che persino i posteri non possono dimenticare. Come ogni uomo che fece la storia, le immagini che lo rappresentano sono molte e contrastanti fra loro. Eroe e patriota? Terrorista? Per Israele ed i suoi alleati uno dei principali nemici della pace e della democrazia. Per le nazioni arabe uomo di pace e diplomazia per l’autonomia del suo stato. Chi fu veramente Arafat? Per capire ciò cerchiamo di partire dalle sue origini.  Yāsser ʿArafāt nacque ad Il Cairo il 24 agosto del 1929, alcune fonti dicono fosse nato a Gerusalemme, ma l’ipotesi pare fosse stata creata più che altro per fini propagandistici. Sempre ad Il Cairo trascorse la sua giovinezza e consegui gli studi, laureandosi in ingegneria civile. Collaborò alla creazione dell’Unione degli studenti palestinesi e ne fu la guida fra il 1952 ed il 1956. Dopo la sconfitta nella guerra araba contro Israele nel 1967, al-Fatah converge nell’OLP.  Nel febbraio 1969 Yasser Arafat divenne Presidente del Comitato Esecutivo del Consiglio Nazionale della Palestina. Con il suo carisma e la sua abilità politica Arafat indirizza l’OLP verso la causa palestinese allontanandola dai disegni panarabi. Allo stesso tempo la crescita del suo ruolo politico corrispose a maggiori responsabilità militari: nel 1973 diventa Comandante in capo dei gruppi armati palestinesi. Nel luglio 1974 Arafat decise una svolta importante dell’OLP, rivendicando per il popolo palestinese il diritto all’autodeterminazione e alla creazione di uno Stato indipendente. Infatti, a novembre, in uno storico discorso all’Assemblea delle Nazioni Unite, fu la prima volta in cui venne concesso ad un leader di una nazione non riconosciuta il diritto di intervenire presso tale istituzione, Arafat chiese una soluzione pacifica e politica per la Palestina ed ammettendo implicitamente l’esistenza di Israele.  Nell’Aprile 1989 è eletto dal Parlamento palestinese primo Presidente dello Stato che non c’è, lo Stato di Palestina.[1] I negoziati fra Israele e palestinesi condotti da lui hanno avuto una storia travagliata, mai conclusa. Un primo tentativo si fece con la conferenza per la pace in Medio Oriente a Madrid, poi con trattative segrete portate avanti dal 1992, fino agli accordi di Oslo del 1993, i quali portarono ad una Dichiarazione di Principi che delineava le linee guida per l’auto-governo dei palestinesi in West Bank e a Gaza.[2] A seguito di questi fu insignito insieme a Rabin e Peres del premio Nobel per la pace. Il 1° luglio 1994 Arafat fece il suo ritorno a Gaza, rientrando ufficialmente per la prima volta in territorio palestinese dopo oltre venticinque anni.
Questo non ha però portato ad un effettivo cambiamento nella vita dei palistinesi e nemmeno del Governo nello scenario locale ed internazionale. Ad oggi la maggior parte dei confini è stata violata da Israele, spostando i suoi in zone di competenza palestinese.[3] Inoltre, la situazione nella Striscia continua ad essere paradossale[4] e l’Autorità palestinese non può gestire nulla, si pensi che per entrare in Palestina bisogna, per forza di cose, essere accettati da Israele.

Arafat venne poi eletto presidente e ministro dell’Interno dell’Autorità nazionale palestinese ricevendo un ampio consenso popolare nelle prime elezioni generali che si svolsero a Gaza e in Cisgiordania il 20 gennaio 1996. Il fallimento dei negoziati di Camp David nel luglio del 2000 e l’esplosione di violenze nei territori palestinesi a partire dal settembre-ottobre dello stesso anno, causate da una quanto meno provocatoria visita di Sharon, capo dell’Opposizione, alla spianata delle moschee durante il giorno di preghiera, sembrarono allontanare ancora una volta la soluzione del conflitto evidenziandone tutti i problemi irrisolti e la voglia di Israele di prevaricare ogni tipo di rimanenza araba quella regione.[5] Il nodo di Gerusalemme, divisa in quelle che vengono definite da Israele come “zone” che non garantiscono nessuna autonomia ai palestinesi, l’estrema frammentarietà del territorio del futuro Stato palestinese, i ritardi e le inadempienze di Israele nell’attuazione degli accordi e senza dimenticare la questione dei rifugiati cominciano a far scricchiolare la fiducia dei palestinesi in Arafat. Contemporaneamente il governo israeliano esprimeva una crescente sfiducia nella capacità del Presidente palestinese di garantire l’ordine nel suo stato, giungendo a metterne in discussione il ruolo di interlocutore e a estrometterlo dal processo di pace pianificato nel 2002 dal presidente degli Stati Uniti George Bush con il concordato fra Russia, UE e ONU. La sua complessa rete di relazioni con gli Stati Uniti, Israele, l’Arabia Saudita e altri stati arabi e la sua spiccata abilità ad adattarsi alle mutevoli situazioni tattiche e politiche garantirono ad Arafat la sopravvivenza politica, ma non ne impedirono la progressiva emarginazione.[6] Alla fine dell’Ottobre 2004, Arafat fu ricoverato in un ospedale vicino Parigi, dove morì dopo due settimane. La sua salma riposa nella città di Ramallah, all’ interno della Muqata’a, la quale fu sua residenza personale e per un certo periodo sede dell’Autorità nazionale palestinese. Con gli altri volontari di “Una voce nel silenzio”, durante la nostra prima missione in Palestina, abbiamo avuto la possibilità di visitare questo luogo decisamente importante per ogni palestinese. Infatti, il picchetto militare innanzi al feretro è perenne.
Anche la sua morte è avvolta però nel mistero. Altamente probabile è che sia morto perché vittima di avvelenamento da polonio. Lo rende noto il rapporto di un laboratorio di Ginevra che ha registrato livelli di polonio circa 18 volte superiori alla norma sul suo cadavere. La sua salma fu riesumata con il permesso della famiglia nel 2012.[7] Anche gli effetti personali erano contaminati. Ciò nonostante non si è mai arrivati ad una conclusione sulla questione. Ufficialmente fu l’aggravarsi di un’influenza, causata da un’immunodeficienza dovuta probabilmente a leucemia ad ucciderlo.[8]
Questa fu la figura politica di Arafat. Un uomo costantemente impegnato in un ruolo diplomatico cruciale per la sua popolazione. Chiaramente ciò non gli valse la simpatia delle frange più radicali della lotta per la liberazione della Palestina. Egli ha cercato di ottenere quanto più poteva con la diplomazia, cercando di salvare i suoi da morte certa e sapendo inoltre che, nella storia della Palestina, sarebbe stata una figura controversa. Sino agli accordi di Oslo, la sola possibilità di ogni riconoscimento era remota ma come abbiamo visto questo è rimasto solo sulla carta. A tutto questo bisogna anche aggiungere che il comportamento di Israele non ha mai lasciato spiragli per un’intesa. Arafat si dice che perse la sua credibilità internazionale a causa dei fondamentalisti, ma qualcuno si è mai preoccupato di pensare alle responsabilità israeliane? Trattati infranti, continue vessazioni e restrizioni non sono forse un buon innesco per una rivolta popolare? Non sono forse anche queste corresponsabilità? Arafat, volendo, potrebbe essere considerato a ragion veduta un martire! Sacrificò tutto in nome di una pace che nessuno probabilmente voleva finendo per essere considerato come un traditore del suo popolo da una parte ed un terrorista da buona parte dell’Occidente. Certamente non un bel destino.
Sempre per parlare di occidente una piccola riflessione può esserci stimolata dalla risposta data alla Fallaci nella celeberrima intervista rilasciata nel 1974. La Fallaci non fu particolarmente clemente nei confronti di Abu Ammar, il nome da combattente dato ad Arafat con il quale ella si rivolge a lui. Anzi a tratti si abbandona a commenti decisamente poco ortodossi. In ogni caso, ad un certo punto, mentre Arafat sostiene il plateale appoggio dei media europei ad Israele, la Fallaci gli chiede cosa ci fosse da stupirsi. Infatti, caro è il debito dell’Europa nei confronti degli ebrei viste le persecuzioni esercitate nei loro riguardi. Arafat allora rispose: ” Già, voi dovete pagare i vostri conti con loro. E volete pagarli col nostro sangue, con la nostra terra, anziché col vostro sangue, con la vostra terra. Continuate a ignorare perfino che noi non abbiamo nulla contro gli ebrei, noi ce l’abbiamo con gli israeliani. Gli ebrei saranno i benvenuti nello Stato democratico palestinese: gli offriremo la scelta di restare in Palestina, quando il momento verrà.”[9]
In una sola frase tutto il riassunto di ormai 60 anni di guerra ed atrocità.

Di Emanuele Niccolini
19 novembre 2018

[1] Hart A., Arafat: Terrorista o pacifista?, Segrate, Edizioni Frassinelli, 1985
[2] Redazione, Il processo di pace. http://embassies.gov.il/rome/AboutIsrael/history/Pages/Il%20processo%20di%20pace.aspx, Ambasciata di Israele in Italia. Web
[3] Certomà, Sabrina, Israele e Palestina: ripetute violazioni dei diritti umani, https://www.iusinitinere.it/israele-e-palestina-ripetute-violazioni-dei-diritti-umani-11091, Ius in Itinere. 02/08/2018. Web. 18/11/2018
[4] Niccolini, Emanuele, Gaza: genesi di una pace impossibile. https://www.unavocenelsilenzio.it/home/2018/11/12/gaza-genesi-di-una-pace-impossibile/, Una voce nel silenzio. 12/11/2018. Web
[5] Redazione, La “passeggiata” sulla spianata delle moschee: esplode la seconda intifida. http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/sharon-spianata-moschee-66145506-0940-4613-863d-6e6fffd861fc.html, Rai News. 11/01/2014. Web. 18/11/2018

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