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Gaza: genesi di una pace impossibile

Pubblicato da: UVNS 0 Commenti

La striscia di Gaza, chi non ha mai sentito parlare di questo lembo di terra? Abitata da una popolazione per la maggior parte costituita da profughi di altre zone della Palestina, confina a sud ovest con l’Egitto ed è divisa dal resto della Palestina da un muro eretto dalle forze militari israeliane. Un luogo che purtroppo è spesso agli onori della cronaca per le vicende che vi accadono. Nonostante questo non vi sono visioni obiettive della questione perché questa non è storia con la S maiuscola, quella oramai è privilegio di pochi, ma è relegata a questioni geopolitiche, religiose, etniche e viene raccontata senza obiettività.
Un luogo dove i diritti umani vengono negati, dove l’ accesso alle più elementari risorse è un miraggio. Un luogo dove acqua corrente ed energia elettrica sono un lusso di cui in qualunque momento puoi essere privato. Dove se esci di casa nella giornata sbagliata puoi trovare la morte. Un luogo dove un ragazzino di 14 anni, Mohamed Naser al-Rifi, può morire dopo 4 anni di infinita agonia. Era infatti rimasto ferito all’età di soli 10 anni da un bombardamento dove perse fra le altre cose gran parte della sua famiglia, pochi giorni fa infine, è spirato anche lui.
La storia di questo luogo è piuttosto particolare: nel 1947, terminato il protettorato britannico, con il Piano di partizione della Palestina elaborato dall’UNSCOP (United Nations Special Committee on Palestine) e approvato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite la zona viene riconosciuta come territorio palestinese ma in seguito alla guerra arabo-israeliana del ’47-48 passa nelle mani del governo egiziano, il quale la governerà sino al 1967 attraverso un’amministrazione militare, ma di fatto non verrà mai annessa al territorio egiziano. Dal 1967 in poi, in seguito alla guerra dei 6 giorni, Gaza viene illegittimamente occupata dalle milizie israeliane sino al 1994, quando dopo gli accordi di Oslo, entra a far parte dei territori Palestinesi. Il 20% è però occupato da coloni israeliani nella zona sud-ovest della striscia. Questo ha fatto sì che nascesse un’accesa polemica sulla presunta indipendenza della striscia. Infatti, ai sensi del diritto internazionale, vi sono alcune leggi di guerra che disciplinano l’occupazione militare, comprese le convenzioni dell’Aja del 1899 e 1907 e la quarta Convenzione di Ginevra. Israele afferma però, che Gaza non è più territorio occupato, nella misura in cui lo stato ebraico non esercita un controllo effettivo o ha l’autorità su qualche proprietà o istituzione nella Striscia di Gaza. Il Ministro degli Esteri di Israele Tzipi Livni ha dichiarato nel mese di gennaio 2008: “Israele se n’è andato da Gaza. Ha smantellato i suoi insediamenti. Non sono stati lasciati soldati israeliani là, dopo il disimpegno”. Tuttavia, questa visione è contestata poiché Gaza non appartiene a nessuno Stato sovrano e poiché Israele mantiene effettivamente il controllo delle frontiere terrestri, ad eccezioni di quelle con l’Egitto, di tutte quelle marine e dello spazio aereo. Subito dopo il ritiro di Israele nel 2005, il Presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese Mahmūd Abbās ha dichiarato, “lo status giuridico delle aree previsto per l’evacuazione non è cambiato”. Poco dopo, l’avvocato palestinese-americano Gregory Khalil, ha dichiarato: “Israele ancora controlla ogni persona, ogni bene, letteralmente ogni goccia d’acqua che entra o esce dalla Striscia di Gaza. È pur vero che le sue truppe non ci sono più… ma non vi è ancora la possibilità da parte dell’Autorità palestinese di esercitare il controllo”. Anche Human Rights Watch ha contestato che l’occupazione sia effettivamente finita. L’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari mantiene un ufficio su “Territorio palestinese occupato”, che comprende la stessa Striscia di Gaza. Una situazione dunque tutt’altro che semplice, aggravata ulteriormente dal fatto che dal 2007 il partito di maggioranza nella zona sia quello di Hamas, il quale è considerato sia dall’Unione Europea che dagli Stati Uniti come un gruppo terroristico, il che ha comportato per un certo periodo l’interruzione degli aiuti umanitari che di fatto costituiscono la principale fonte di sostentamento per la popolazione. Così iniziò contestualmente una nuova fase del conflitto tra Hamas ed Israele che vide, da parte israeliana, un embargo verso la Striscia, missioni di guerra e cosiddetti assassinii mirati contro esponenti palestinesi giudicati particolarmente pericolosi per la sua sicurezza, che causarono però diverse centinaia di morti tra la popolazione della Striscia. Questo susseguirsi di combattimenti ha portato la Striscia a essere ad oggi uno dei terreni di scontro più rappresentativi del conflitto. Le sollevazioni popolari dell’ultimo periodo non sono altro che la manifestazione della sofferenza provocata da questo continuo stato di assedio. I cecchini israeliani, infatti, presidiano costantemente il confine nord della striscia, falciando arbitrariamente, nella maggior parte dei casi cittadini disarmati e bambini. L’anniversario della sconfitta della guerra del 1948, unito alla decisione degli Stati Uniti di riconoscere Gerusalemme come capitale israeliana e di trasferirvici la sua ambasciata, sono state l’ottimo combustibile di queste ultime tensioni, le quali hanno portato alle manifestazioni degli ultimi mesi. Manifestazioni pacifiche, ma pur sempre disturbanti per Israele, portando dunque alle reazioni sopracitate. La pace sembra veramente un miraggio in questo momento. Infatti, lì dove non vi è prospettiva per il futuro, dove il pane viene comprato al mercato nero e quando arriva è solo grazie a tunnel sotterranei, dove le merci ordinate e pagate dai mercanti locali finiscono più spesso nelle mani di funzionari di un altro “stato”,  come si può prospettare la sua riuscita?
Ed è proprio di questa notte la notizia di nuovi raid aerei da parte degli israeliani ai danni degli abitanti della Striscia, che hanno provocato altri 5 morti.
La pace resta ancora un miraggio.

Di Niccolini Emanuele
12 novembre 2018

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