• Email:
    info@unavocenelsilenzio.it

Quale futuro per i cristiani di Gaza?

Pubblicato da: UVNS 0 Commenti

Dopo oltre un mese di ostilità incessanti tra Hamas e Israele, anche il futuro dei cristiani nella Striscia di Gaza è indecifrabile.

Nel territorio palestinese, invaso dall’esercito israeliano e attualmente diviso a metà tra nord e sud, più di mille cristiani – in maggioranza greco-ortodossi, con un centinaio di cattolici – vivono tra circa due milioni di musulmani. Tre settimane fa, un bombardamento israeliano a ridosso della chiesa greco-ortodossa di San Porfirio di Gaza (una delle più antiche del mondo) ha provocato almeno 17 morti, rifugiati insieme ad altre centinaia in un edificio lì adiacente. E risuonano ancora drammaticamente le parole di un prete tra le macerie: “È inaccettabile bombardare le chiese!”

 

Alla tragedia che aumenta ogni giorno nella Striscia – il ministero della Sanità palestinese ha certificato fin qui la morte di oltre 11mila persone, di cui quasi 5mila bambini – si aggiunge anche quella delle piccole comunità che rischiano di scomparire. E tra i 200mila sfollati forzati verso sud, c’è anche chi a Gaza non è ancora potuto tornare. Come padre Gabriel Romanelli, parroco della piccola comunità cattolica della città, che da Gerusalemme ha aggiornato sulla situazione dei suoi fedeli (al 10 novembre, ndr): “Pochi cristiani sono scesi nel sud della Striscia in seguito agli ordini di evacuazione dell’esercito israeliano, ma la maggior parte è rimasta. Nella parrocchia della Sacra Famiglia stiamo accogliendo 700 persone. Il resto della comunità ha trovato riparo nella parrocchia ortodossa”. Il parroco di Gaza non ha risparmiato accuse all’esercito israeliano: “Hanno distrutto i pozzi, i serbatoi d’acqua sopra i tetti e anche tutti i pannelli solari. Interi quartieri sono ridotti in macerie. Anche le panetterie sono state bombardate. È andato distrutto tutto quanto crea legami sociali”.

 

Un paio di giorni fa, una 84enne palestinese cristiana, Elham Farah, rifugiata nella parrocchia della Sacra Famiglia, è stata colpita a morte dai cecchini dell’esercito israeliano mentre tentava di recarsi alla propria abitazione. Nonostante tutto, la comunità cattolica non vuole lasciare Gaza, e la parrocchia rimane per loro il luogo più rassicurante. “E come avrebbero potuto le Missionarie della Carità portarsi via con sé i 40 bambini disabili di cui si prendono cura? Si resta insieme, cercando di organizzarsi – ha dichiarato padre Gabriel –, ho fatto creare dei comitati. Ce n’è uno per procurarsi l’acqua, un altro per il cibo, un altro per il gasolio, la sicurezza, la pulizia, il magazzino, le attività con i bambini…”. Soprattutto, il parroco cerca di riportare alla ragione i sentimenti che animano questa guerra: “Quelli che sono rimasti, sono sospettati di essere sostenitori di Hamas? Parliamo seriamente? Sono rimaste 300mila persone, non tutte sono sostenitrici di Hamas. A volte sei semplicemente troppo povero per andartene o non hai nessun posto dove andare, nemmeno al sud. Stare insieme era la cosa migliore da fare” si legge nelle dichiarazioni di padre Gabriel Romanelli riportate da http://Terrasanta.net.

 

Le stime indicano che il numero di cristiani a Gaza è notevolmente diminuito negli ultimi anni dai 3mila registrati nel 2007, quando Hamas ha assunto il controllo completo della Striscia, innescando il blocco di Israele e accelerando la partenza dei cristiani dall’enclave colpita dalla povertà.

In una situazione che diventa ogni ora più critica, non si possono voltare le spalle al pianto dei bambini, allo strazio degli innocenti, ai cristiani di Gaza. Nelle ultime ore, l’associazione Una voce nel silenzio, da anni impegnata per le comunità perseguitate, ha lanciato un progetto solidale di raccolta fondi per garantire il diritto allo studio dei bambini palestinesi che vivono situazioni critiche anche in Cisgiordania, in particolare a Betlemme.

dona Ora ➡️ https://www.unavocenelsilenzio.it/donations/emergenza-palestina

Commenta la Storia