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Balcani, le nuove tensioni in Bosnia e Kosovo tra le ingerenze dell’Occidente

Pubblicato da: UVNS 0 Commenti

Nei Balcani occidentali è tornata altissima la tensione. In un territorio storicamente caratterizzato da guerre e scontri su base etnica, le nuove avvisaglie in Bosnia e Kosovo sono il richiamo di una stabilità mai trovata. In Bosnia ed Erzegovina, dove l’accordo di Dayton mediato del 1995 riconobbe due entità – la Federazione croato-musulmana e la Repubblica Srpska – all’interno dello Stato, il leader della maggioranza serba Milorad Dodik ha aspramente criticato l’operato dell’Alto rappresentante europeo Christian Schmidt, considerandolo apertamente anti-serbo e filo musulmano. In questa situazione, Dodik ha reclamato per la Repubblica Srpska le funzioni e le competenze previste dall’accordo di Dayton, ma da tempo cadute sotto l’egida federale di Sarajevo. Per comprendere meglio l’attuale crisi in Bosnia, va ricordata l’introduzione, nell’estate scorsa, del reato per chi non riconosce il massacro di Srebrenica come genocidio: una decisione che ha irritato la maggioranza serba che ha iniziato a boicottare le istituzioni federali arrivando recentemente a minacciare una secessione pacifica dalla Bosnia. Da qui, l’entità bosniaca ha già chiesto l’intervento degli Stati Uniti per far cessare le ambizioni secessionistiche serbe, all’interno di uno Stato sempre più diviso e bloccato dove si paventa la creazione di una terza entità, ovvero quella croato-bosniaca. Tutto questo, tra gli interessi internazionali di Russia e Cina e l’atteggiamento di Usa e UE intenti a mantenere lo “status quo” della Bosnia ed Erzegovina oltre ogni evidenza identitaria e appartenenza etnica.

Non si discosta dal contesto bosniaco anche la situazione in Kosovo, dove la crisi è riesplosa nelle ultime settimane. A seguito della decisione di Pristina di imporre una targa provvisoria alle auto serbe che transitavano nel nord del Kosovo, è seguito l’intervento dell’inviato Usa per i Balcani, Gabriel Escobar, che ha mediato una tregua firmata a Bruxelles ma che non ha fermato le crescenti tensioni tra serbi e albanesi nella regione. Gli Stati Uniti, dal canto loro, sono preoccupati maggiormente dall’espansione della Cina in quei territori, già da quando, con gli accordi di Washington sotto l’amministrazione Trump, imposero a Serbia e Kosovo di estromettere la Huawei dalle reti 5G nell’area. L’attuale presidente Biden vuole chiaramente proseguire la politica statunitense di controllo sul Kosovo, cercando una tregua duratura tra Belgrado e Pristina contando anche sulle difficoltà della UE nel gestire le croniche tensioni di quei territori. Sullo sfondo, gli ultimi deludenti risultati elettorali del partito Vetëvendosje (Autodeterminazione) del capo del governo kosovaro Albin Kurti non fanno altro che indebolire ulteriormente la credibilità politica filo albanese. Nello scenario sempre più delicato che sta riafforando in Kosovo, come affermato dal ministro degli Esteri russo, Maria Zakharova, “l’Occidente è complice dell’escalation dei recenti sviluppi nei Balcani e per questo motivo gli estremisti del Kosovo possono scatenare un conflitto in qualsiasi momento” in cui i nemici di Mosca sono rei di soffiare sulla “polveriera balcanica dell’Europa che potrebbe essere data alle fiamme in qualsiasi momento dai radicali kosovari con la stimolazione diretta occidentale”. Sempre come rilanciato dalla Zakharova, i sovranazionalisti albanesi “sono aiutati e istigati dagli stati occidentali, in particolare da quelli che hanno lanciato l’aggressione della NATO contro la Jugoslavia nel 1999 con l’obiettivo di separare il Kosovo dalla Serbia nonostante le numerose perdite umane”( https://formiche.net/2021/11/tensione-kosovo/  ) in un momento in cui nei Balcani occidentali le relazioni tra diverse etnie vanno ancora deteriorandosi, va riaffermata la libertà, l’identità e il rispetto dei confini che realtà statuali come Bosnia ed Erzegovina e Kosovo non sono stati inevitabilmente in grado di garantire negli ultimi decenni.

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