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CORANO E BUSINESS: I DUE VOLTI DELL’ARABIA SAUDITA

Pubblicato da: UVNS 0 Commenti

Essere cristiani in Arabia Saudita significa rischiare la vita ogni singolo giorno, significa doversi nascondere e non poter professare pubblicamente la propria fede. Secondo la classifica sulle persecuzioni subite dai cristiani redatta da Porte Aperte, il paese saudita occupa il 15esimo posto; non spiccherebbe quindi tra gli stati più feroci ed accaniti contro i cristiani. Ma questo semplicemente perché i cristiani hanno capito che per salvarsi la vita bisogna rispettare la legge. La legge impone che l’unica religione sia l’Islam, la maggior parte della popolazione è wahhabita cioè una setta del sunnismo che crede nel rispetto e nella conservazione dei principi dell’origine dell’Islam, e le altre confessioni non possono essere professate pubblicamente, pena la morte. I cristiani, sempre secondo Porte Aperte, sono circa 1.400.000 di cui molti non di origine saudita. Infatti, secondo lo U.S. Departpertment of State quasi la totalità sono filippini che lavorano nel paese o, in minima parte, europei che si trovano lì per lo stesso motivo. L’Arabia Saudita ha anche ritirato il visto turistico non permettendo a nessuno, se non ai musulmani per andare a La Mecca, di entrare nel paese per visitarlo. Questo è un altro punto molto importante che dovrebbe far pensare sulla libertà che si vive in quel paese. Inoltre, come ormai noto, questo stato ha rapporti commerciali strettissimi con gli Stati Uniti che, da una parte dichiarano guerra al terrorismo, e dall’altra favoriscono una nazione da cui sono arrivati i maggiori finanziamenti all’ISIS[1] e in cui si può andare da Mc Donald’s ma con locali separati tra uomo e donna. Ma non solo i cristiani che vivono lì sono vittime della feroce politica saudita, lo siamo anche noi europei. Come sappiamo, infatti, dal Kosovo e dalla Serbia sono partiti molti foreign fighters per arruolarsi nell’ISIS che oggi stanno tornando nelle loro città dove troveranno delle nuovissime moschee, alcune nemmeno mai utilizzate, pagate proprio con fondi sauditi. La politica dello stato saudita è chiara: all’interno vi è la Sharia ed un regime che non permette libertà di culto e di pensiero; all’esterno invece tratta con gli USA e cerca di finanziare progetti di moschee in tutto il mondo, colonizzando così i territori dove sono presenti i musulmani. Insomma, in Arabia Saudita si concentra tutto il paradosso di chi da una parte chiede venga rispettata la legge del corano e dall’altra fa affari con il peggior nemico del Medio Oriente. E dei cristiani non possono fare a meno perché sono richieste sempre più competenze di europei o americani. Non è quindi la popolazione locale a convertirsi ma l’innesto di cristiani dall’estero a far salire il numero. Non sarà facile nemmeno il futuro per i non musulmani in quanto il regime saudita, nonostante alcune aperture su ristretti diritti civili, resta fermo nelle sue politiche. Parlare di questa persecuzione, fin troppo silenziosa, serve per far smuovere le coscienze anche da noi in Italia e per far capire che le moschee possono essere un reale pericolo sul nostro territorio, proprio a causa di questi finanziamenti che non sono certo un regalo, ma una cambiale da riscattare con predicazioni di Imam in favore dello stato saudita.

[1] Redazione. “Nel 2016 gli Stati Uniti sapevano che l’ISIS era finanziato da Arabia Saudita e Qatar”. https://www.vietatoparlare.it/nel-2016-gli-stati-uniti-sapevano-che-lisis-era-finanziato-da-arabia-saudita-e-qatar/. Vietato Parlare. 23/01/2019. Web. 15/02/2019.

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