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Dal Nagorno Karabakh alla Francia, la proiezione dell’arroganza turca

Pubblicato da: UVNS 0 Commenti

Mentre il conflitto in Nagorno Karabakh prosegue senza sosta da oltre un mese, attacchi islamisti colpiscono di nuovo il cuore dell’Europa. Nell’arco di due settimane, prima l’omicidio di un professore francese a Parigi – decapitato da un 18enne ceceno per aver mostrato in classe vignette satiriche su Maometto – poi i fatti di Nizza, dove un 21enne tunisino ha ucciso a colpi di pugnale due donne e un uomo all’interno della Cattedrale di Notre Dame.

Ma non solo. Sullo sfondo dello scontro politico tra il presidente turco Erdogan e l’omologo francese Macron, ecco che a Vienna, Lione e Digione, solo negli ultimi giorni si sono verificate cacce all’uomo contro gli armeni da parte di gruppi di turchi, azeri e magrebini. Attacchi organizzati che, come riportato dal sito armeno Zatonk Media, hanno già causato molti feriti. In questo crescere di violenze, dove l’influenza turca si proietta dal Caucaso meridionale fin nel cuore dell’Europa, per quanto ancora non potremo parlare di guerra di religione? E l’Europa, quanto a lungo ancora potrà permettersi di difendere la propria identità con messaggi di pace e accoglienza o, come nel caso del ministro degli Interni italiano Lamorgese, scaricare le colpe su “decreti sicurezza che hanno creato insicurezza”?

A proposito, sono di monito le parole del primo ministro dell’Armenia, Nikol Vovayi Pashinyan, che in un’intervista a Inside Over ha dichiarato: “Dobbiamo innanzitutto ricordare che è stata la Turchia a ricominciare questo conflitto, inviando mercenari e terroristi dalla Siria e Pakistan, trasferendo parte delle sue forze armate in Azerbaigian e fornendo equipaggiamenti militari alle forze azerbaigiane.

L’obiettivo era quello di una ‘guerra lampo’ per prendere il Nagorno Karabakh. Secondo i loro calcoli, la guerra sarebbe dovuta durare al massimo una settimana o dieci giorni, ma il Nagorno Karabakh ha resistito e continuerà a combattere. La Turchia non è intervenuta meramente per dare supporto all’Azerbaigian ma per perseguire le sue politiche imperialistiche. Quello che sta succedendo in queste terre è la continuazione delle politiche turche nel Mediterraneo orientale, in Grecia, a Cipro, in Libia, Siria e in Iraq. Gli armeni nel Caucaso meridionale sono l’ultimo ostacolo al disegno neo-ottomano di dominare la regione.

Se la comunità internazionale non riesce a contrastare le mire espansionistiche di Erdogan, in un futuro prossimo, rischia di trovarsi i turchi nuovamente alle porte di Vienna”.

 

A cura di Marco Da Pozzo

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