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ARTSAKH SENZA PACE

Pubblicato da: UVNS 0 Commenti

Al culmine di giorni di tensione, ieri sono nuovamente infiammati i combattimenti al confine tra Azerbaigian e Repubblica dell’Artsakh. Le forze azere, dopo tre violazioni del cessate il fuoco in 24 ore, hanno attaccato una base militare dell’esercito dell’Artsakh e aree sottoposte al controllo dei peacekeepers russi. A scatenare l’operazione “Retribution” (“vendetta”) dell’esercito azero sarebbe stata l’uccisione di un loro militare, morto dopo un’azione di risposta da parte armena alle offensive dei giorni scorsi. L’attacco, sostenuto con colpi di mortaio e i noti droni TB2 turchi, ha portato alla morte di due militari dell’Artsakh – Gurgen Gabrielyan e Artur Khachtryan – 19 feriti di parte armena e almeno 4 morti delle forze azere. Gli scontri nella regione, mai così intensi dagli assalti azeri nei territori di Parukh e Karaglukh di fine marzo, si sono concentrati nei pressi di Berdzor (Lachin), proprio dove sorge il corridoio che collega Artsakh e Armenia sotto il contingente di pace russo. A seguito degli scontri di ieri, l’Azerbaigian ha reclamato la conquista di alcune colline strategiche a meno di venti chilometri da Lachin, mentre il presidente dell’Artsakh, Arayik Harutyunyan, ha firmato un decreto per la mobilitazione parziale dei riservisti dell’esercito. Sul fronte internazionale, oltre alle parole di circostanza di Unione europea e Stati Uniti, la risposta più forte è arrivata dall’Iran, che ha spostato unità del suo esercito ai confini con l’Azerbaigian, dichiarando, tramite il Corpo delle guardie della Rivoluzione islamica, che non permetterà cambiamenti geopolitici nella regione. E la Russia? La Difesa di Mosca ha accusato Baku per violazione del cessate il fuoco in zone di loro competenza (e no-fly zone), peraltro all’indomani di una conversazione telefonica tra i ministri della Difesa russo e azero per la sicurezza nella regione. Il ruolo degli stessi peacekeepers russi è diventato oggetto di dibattito; il primo ministro armeno Pashinyan ha sollevato problemi sulla natura e il contenuto di questa missione di pace, ricordando le aggressioni azere degli ultimi mesi sempre in zone presidiate dal contingente russo. Organizzazioni politiche in Artsakh hanno altresì chiesto un incontro con le forze di pace inviate da Mosca. E se l’Azerbaigian (che non ha firmato il mandato per le attività del contingente russo) allontana il processo di pace tramite la sua retorica aggressiva e le continue violazioni della tregua, alla base degli ultimi scontri pare invero esserci la dichiarata volontà di Baku di portare a termine la nuova autostrada di collegamento tra Artsakh e Armenia, con la conseguente chiusura del corridoio di Lachin. Obiettivo: smobilitare le forze di pace russe dall’area e, sostanzialmente, bloccare l’Artsakh. Una richiesta definita inaccettabile dalle parti armene e fuori dagli accordi della dichiarazione tripartita del 9 novembre 2020. Sullo sfondo di una sostanziale indifferenza internazionale, le parole del Difensore civico dell’Artsakh, Gegham Stepanyan: “Dove sono le reali iniziative intraprese dai paesi co-presidenti del Gruppo OSCE di Minsk per proteggere i diritti e la vita delle persone garantendogli un’esistenza pacifica? Dove sono le azioni dell’ONU, del Consiglio d’Europa o dell’OSCE? Tutto rimane a livello di parole vuote?”

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