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Nella Casa del Padre

Emesa è un’antica città della Siria Apamene, sorta nei pressi della città hittita di Qadesh. Con l’imperatore Domiziano entra a far parte della provincia romana ma è nel III secolo che raggiunge il massimo splendore perché terra natia di Giulia Domna, moglie di Settimio Severo, e di Eliogabalo. Proprio Eliogabalo concede alla città di Emesa il titolo di metropoli e lo ius italicum. La sua importanza è inscindibilmente legata alla sua posizione, domina infatti la via che collega l’Egitto la Palestina e Damasco, lungo la valle dell’Oronte. Oggi Emesa la conosciamo come Homs. Homs non è una città come tante altre e non solo per i suoi 2300 anni di storia ma perché è considerata, insieme a Damasco e ad Aleppo, una delle città più importanti della Siria: centro prestigioso dell’industria dei tessuti di seta e di cotone – che prima della guerra dava lavoro a metà della popolazione residente -, significante per la sua produzione agricola e interessante meta turistica. Dista 160 chilometri da Damasco ed è la terza città siriana, dopo Dar’a e Hama, ad essere stata investita dalle manifestazioni di dissenso e rivolta verso il governo Assad che hanno infiammato il Paese dalla primavera del 2011. Homs, passata alla cronaca come la “capitale della rivoluzione”, è oggi distrutta: interi quartieri sono stati rasi al suolo, palazzi chiese e moschee sono ora un cumulo di macerie. Manifestazioni e disordini hanno spalancato le porte ai terroristi islamici di Daesh, supportati dai foreign fighters, mercenari al soldo di Qatar e Arabia Saudita affinché trasformassero le proteste in rivolte e le rivolte in guerra. Una guerra che, è bene ricordarlo, ha causato circa 465 mila morti e più di 11 milioni di sfollati. Dei terroristi non c’è più traccia ormai da tempo ad Homs e nella sua città vecchia, dove per mesi gli abitanti sono stati tenuti in ostaggio dai gruppi jihadisti. La città contava più di un milione di abitanti e adesso la sfida più grande – come in tutta la Siria del resto – è quella della sua ricostruzione e del suo ripopolamento. I cristiani siriani, prima della guerra, rappresentavano il 10% della popolazione e garantivano – insieme al governo – la diversità religiosa e culturale della Siria, perciò la rinascita del Paese non può prescindere dalla ricostruzione dei luoghi sacri. Una Voce Nel Silenzio ritornerà in Siria, ritornerà ad Homs e lì riporterà i simboli della Cristianità: l’associazione ha deciso di sostenere la chiesa di St. George di Homs, aiutando la sua comunità a ricostruire ciò che l’ISIS ha distrutto. La chiesa di St. George dalla guerra ne è uscita devastata: il tetto crollato, gli altari distrutti, le icone bruciate. Oggi i fedeli di St. George hanno bisogno del nostro aiuto, gli è stato portato via tutto ma non la loro fede. Il costo di una singola panca – costruita in Siria da artigiani locali – è di 120 euro, aiutaci a portare avanti questo progetto. Devolvi il corrispettivo ad Una Voce Nel Silenzio, incideremo il tuo nome su una targhetta a suggello della tua solidarietà. L’ISIS ha distrutto, noi ricostruiamo. 

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  • Obiettivo: 10000
  • Termine: 0 Giorni
  • Luogo: Homs, Syria
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