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I foreign fighters italiani

Pubblicato da: UVNS 0 Commenti

Secondo la Commissione Europea più di 42mila foreign fighters si sono uniti a organizzazioni terroristiche tra il 2011 e il 2016, partendo da oltre 100 Paesi. Tra i 125 e i 135 sarebbero i combattenti stranieri partiti dall’Italia per arruolarsi tra le fila del sedicente Stato Islamico e dei gruppi jihadisti affini in Siria Iraq e Libia dallo scoppio delle cosiddette Primavere arabe. Un numero quasi esiguo se lo si paragona a quello, in termini di partenze, di altri Paesi europei. Le disparità non sono esclusivamente numeriche perché la maggior parte dei foreign fighters partiti dall’Italia è nata all’estero: 40 sono nati in Tunisia, 26 in Marocco, 14 in Siria, 6 in Iraq, 11 in paesi dell’Europa occidentale e 11 in paesi della regione balcanica; soltanto 11 individui (pari all’8,8% del totale) sono effettivamente nati in Italia – riporta l’ISPI. Mentre, per quanto riguarda la cittadinanza – continua l’ISPI -, soltanto una minoranza di 24 foreign fighters è di nazionalità italiana (il 19,2% del totale, includendo anche 10 soggetti con doppia cittadinanza), mentre la maggior parte proviene da paesi del Nord Africa (50,4%), il 16% ha un passaporto siriano o iracheno e il 9,6% ha nazionalità di paesi balcanici. I foreign fighters partiti risiedevano principalmente nel Nord e nel Centro Italia. “Tra le regioni spicca nettamente la Lombardia (31,7% degli 82 individui associati a un luogo di residenza) – comunque la regione italiana più popolosa in generale –, ma si registrano presenze significative anche in Emilia-Romagna (12,1%) e in Veneto (10,6%). Tra le province, si conferma la rilevanza dell’area di Milano (13,4%). Una parte minoritaria, ma non trascurabile, dei soggetti era residente all’estero.”[1] Che fine hanno fatto i Ftfs partiti dal nostro Paese? L’Osservatorio sulla Radicalizzazione e il Terrorismo Internazionale afferma che almeno un terzo dei terroristi sarebbe morto in guerra, solo il 9,6% avrebbe fatto rientro in Italia. Proprio in Italia, secondo il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, sarebbero 242 i detenuti considerati a rischio, divisi nelle quattro carceri di Bancali (Sassari), Nuoro, Rossano Calabro (Cosenza) e Asti.[2] Due dati all’apparenza slegati ma in realtà profondamente connessi alla luce delle decisioni che il Governo dovrà prendere in merito all’eventuale rimpatrio dei Ftfs italiani e ancora impegnati a combattere in Medio Oriente: l’Italia li riaccetterà all’interno dei suoi confini nazionali? Se sì, se subiranno processo, se saranno condannati, dove sconteranno la loro pena? Le carceri, come già avvenuto in passato, sono o non sono probabile luogo di reclutamento? E ancora, come affrontare la necessaria deradicalizzazione?

Di Federica Miceli

 

[1] ISPI. Italian Institute for International Studies. https://www.ispionline.it/en/node/20757 . Web. 20/03/19. 

[2] “Meriem, Samir e i foreign fighters dell’Isis che ora l’Italia deve riprendersi”. Corriere della sera. https://www.corriere.it/esteri/19_febbraio_17/meriem-samir-italianiin-tanti-sono-morti-campo-le-donne-piu-facile-fuga-a39676b8-32fb-11e9-ab13-b1bad8396d5f.shtml . 17/02/19. Web. 20/03/19.

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